Olio d’oliva 2017, ne parliamo con Silvano Ferri
Le tavole abruzzesi si arricchiscono di prodotti e tradizioni, soprattutto durante la stagione autunnale; con i primi freddi, una serata ideale prevede un camino, vino novello, castagne e ovviamente l’olio nuovo che grazie ai cambiamenti climatici ha profumi ed aromi invitanti.
Ci si trova in un momento dell’anno in cui le piante d’ulivo devono rendere all’uomo il loro prodotto. Tale resa non è mai la stessa infatti l’olio è molto spesso al centro di discussioni ma le grandi soddisfazioni per quanti con amore curano le campagne non mancano mai. Ma da cosa dipende in effetti la qualità del prodotto?
A fare chiarezza è un grande intenditore, il presidente del Consorzio Aprutino Pescarese Silvano Ferri che ha anticipato anche delle novità interessanti sul Consorzio stesso.
Domanda legittima: come procede la raccolta per il 2017?
L’anno sarà noto per un olio di altissima qualità su tutto il territorio regionale, l’unico handicap è la produzione al di sotto delle aspettative. Le stime parlano di circa un 50% in alcuni territori: nel chietino per esempio grazie alla presenza del Leccino è meno sentito questo aspetto, nel pescarese la situazione è molto più complessa e difficile perché è prevalente la Cultivar dritta che ha risentito dei cambiamenti climatici e soprattutto del critico periodo del mese di aprile proprio nel momento della fioritura. Di contro, stiamo recuperando alla grande sotto l’aspetto qualitativo.
Come si presenta il prodotto?
Sarà straordinario, avrà profumi e note equilibrate ed armoniche dell’amaro e del piccante per via di quelle piogge che ci sono state a settembre.
Dunque per questo settore è un anno positivo? E’ già possibile fare delle stime?
L’olivicoltura esce da un periodo molto critico perché a memoria d’uomo non si rammenta che in 4 anni di produttività, 3 siano stati difficili: nel 2014 abbiamo avuto la mosca, nel 2015 un anno intermedio, l’anno 2016 è stato devastante infatti molti produttori avevano lasciato le olive sul campo poiché non raccoglibili solo coloro che hanno grandi qualità imprenditoriali e professionali sono riusciti ad andare avanti e a farsi notare per la qualità del prodotto. C’è una crescita del 70% di produzione rispetto al 2016, ma se facciamo un riferimento all’anno 2013 per esempio notiamo una perdita del 40% almeno. Il nostro olio viene riconosciuto in Italia e nel mondo ma manca il prodotto per soddisfare le richieste crescenti.
E cosa si potrebbe fare per ovviare a questo problema?
Regolamentare la produzione con nuovi investimenti in uliveti, bisogna trovare nuovi terreni idonei; altra scelta da fare è pensare se puntare ad un’olivicoltura intensiva o semi intensiva e coinvolgere in questa scelta le università, gli Istituti di ricerca, la Regione. Noi non possiamo perdere le caratteristiche sensoriali del nostro prodotto e nemmeno l’identità e la tipicità che tanto amano in Italia e all’estero. Non possiamo annullarne i valori che si sono protratti nel corso del tempo e della storia e che fanno parte della nostra cultura.
Come si fa a riconoscere un olio buono?
Con l’olfatto; deve avere il sentore del fruttato, dell’erba fresca, della mandorla, del carciofo, e poi il sapore deve avere un po’di amaro ed un po’di piccante, se abbiamo tutte queste caratteristiche stiamo assaggiando un olio vivo e che fa bene alla salute, quando è piatto può essere utilizzato solo per ungere.
E invece per ottenere un olio di qualità, bisogna rispettare delle regole?
Certo, ci sono tre fattori fondamentali che influiscono. Il prodotto stesso: le olive devono essere sane poiché la qualità nasce dal campo e nel rispetto delle pratiche agronomiche. Poi c’è bisogno di una corretta lavorazione nel frantoio e dunque tempi di lavorazione molto brevi dalla raccolta alla macinatura e poi è necessario stare attenti alla conservazione perché l’olio va osservato e va tenuto in un ambiente lontano da fonti di calore e dalla luce. Ma soprattutto nella sua conservazione in lattina o bottiglia non dev’esserci molto spazio tra il livello del vuoto e l’olio per evitare processi di degenerazione perché l’olio di oliva essendo un grasso vegetale interagisce con tutto ciò che ha intorno.
Curiosità: come gustare al meglio l’olio d’oliva nuovo?
Sicuramente con una “bruschetta”, ma nella tradizione popolare ci sono anche dei piatti preparati come la “pasta a la trappetara”, ricetta creata ad arte nella tradizione da coloro che lavoravano al frantoio, che viene arricchita con il peperone dolce ed alici. Personalmente però gusterei l’olio nuovo in una minestra come “pasta e fagioli” o ceci perché con il calore del piatto c’è un’esplosione di sapori e profumi.
Quali sono le novità invece relative al Consorzio?
Attraverso l’audizione pubblica organizzata con il Ministero delle Politiche Agricole siamo riusciti a spingere la modifica del disciplinare di produzione Dop Aprutino Pescarese che era stata approvata e riconosciuta dalla CEE nel 1996. Dopo poco più di 20 anni è stata eliminata la data di inizio raccolta non più dal 20 di ottobre ma dalla giusta invaiatura; è stato ampliato il territorio, oggi “Dop Aprutino Pescarese” vuol dire provincia di Pescara: aree marginali e pedemontane con cambiamenti climatici potranno diventare strategiche. Per concludere, in bottiglia ed in etichetta si potrà aggiungere la dicitura “prodotto di montagna” per i territori che ne hanno i requisiti.